martedì 15 settembre 2015

Per un nuovo oggetto politico

La tentazione identitaria. Non sono da cambiare solo i temi e le urgenze di un programma di sinistra. È necessario anche mutare i linguaggi.


 il manifesto.info



Non è un refuso tipo­gra­fico il titolo dato all’articolo, ma la scelta di cam­biare angolo visivo e di non affron­tare la crisi della sini­stra dal lato del sog­getto poli­tico che deve pro­durre i cam­bia­menti e le nuove forme di aggregazione.
Quindi non imma­gi­nare in maniera auto­re­fe­ren­ziale le forme che tale sog­getto poli­tico deve assu­mere ma farlo in rap­porto ai nuovi aggre­gati sociali, alle con­trad­di­zioni eco­no­mi­che e sociali pro­dotte dalla glo­ba­liz­za­zione, ai biso­gni e alle nuove povertà ma anche alle nuove forme di desi­de­rio e di domanda di tra­sfor­ma­zione che la nuova sini­stra deve poter inter­cet­tare e por­tar den­tro il pro­getto di muta­mento di cui si fa carico.
Strano, infatti, che men­tre l’intera cul­tura del Nove­cento si sia dedi­cata alla deco­stru­zione del sog­getto, nulla o poco di que­sta ricerca sia pas­sato nelle forme orga­niz­za­tive e nell’immaginario poli­tico della sini­stra. A comin­ciare dalla con­sa­pe­vo­lezza che qual­siasi forma di cono­scenza non è ogget­tiva e frutto di un sog­getto auto­nomo e dotato di un punto di vista pri­vi­le­giato. Ma al con­tra­rio, in una visione par­te­ci­pata della ricerca, tanto l’oggetto che il sog­getto inda­ga­tore sono posti in un rap­porto d’interdipendenza reci­proca e la ricerca modi­fi­cherà sia il sog­getto cono­scente che l’oggetto dell’indagine.
Si tratta come si vede non solo della neces­sità di mutare i temi e le urgenze di un pro­gramma di sini­stra, come ci ricorda il deca­logo di Norma Ran­geri e com’è stato anche auto­re­vol­mente detto in più arti­coli com­parsi in que­sto gior­nale. E’ anche neces­sa­rio mutare i lin­guaggi e i metodi “lin­gui­stici” di approc­cio al problema.
Alcuni ele­menti di cri­tica, legati alla con­tin­genza poli­tica ita­liana, sono stati ben espo­sti da Piero Bevi­lac­qua nell’articolo «Cer­care l’unità, rego­lare il dis­senso», com­parso sul mani­fe­sto del 9/8/2015. Un arti­colo che aveva il pre­gio d’enucleare in poche vibranti pro­po­si­zioni l’impasse di almeno vent’anni di ten­ta­tivi di fon­dare una forza elet­to­ral­mente signi­fi­ca­tiva a sini­stra del Pd (e prima del Pci e dei Ds, ecc..).
Par­ti­co­lar­mente pre­gnante era nell’articolo la dia­gnosi dello scol­la­mento tra un ceto poli­tico e intel­let­tuale a sini­stra del Pd e il “popolo” che dovrebbe costi­tuire il corpo poli­tico che dà senso e deve otte­nere rap­pre­sen­tanza in que­sto pro­getto. Vec­chio vizio del gia­co­bi­ni­smo ita­lico se Vin­cenzo Cuoco par­lava, già nel Set­te­cento, di rivo­lu­zione pas­siva. La forza di una sog­get­ti­vità agente deve per­ciò pas­sare oggi attra­verso un muta­mento dei lin­guaggi e un accan­to­na­mento della ten­ta­zione iden­ti­ta­ria (la mia ana­lisi, il mio lin­guag­gio, il mio gruppo) e, come sot­to­li­neava Bevi­lac­qua, tro­vare degli oggetti poli­tici comuni e anche delle pro­ce­dure sem­plici e vin­co­lanti che garan­ti­scano il diritto della mino­ranza ad espri­mere il pro­prio dis­senso e a con­tri­buire alla for­mu­la­zione del pro­getto, senza essere emar­gi­nata e senza cadere nel set­ta­ri­smo. E impe­di­scano alla mag­gio­ranza di arroc­carsi in se stessa. Feno­meni che abbiamo visto all’opera soprat­tutto nel momento delle scelte delle can­di­da­ture nei vari car­telli della sini­stra cri­tica di que­sti ultimi anni.
Si tratta nien­te­di­meno di ripen­sare e di riar­ti­co­lare, sin dal pro­getto, un nuovo rap­porto tra demo­cra­zia diretta, demo­cra­zia della pros­si­mità e demo­cra­zia della rap­pre­sen­tanza. Un atto con­creto potrebbe essere che, prima di aspet­tare pro­ba­bili scio­gli­menti o auspi­cate riag­gre­ga­zioni, le varie orga­niz­za­zioni a sini­stra del Pd espli­ci­tino quanta parte delle pro­prie strut­ture orga­niz­za­tive, del pro­prio sapere delle e nelle isti­tu­zioni, dei pro­pri finan­zia­menti e del tempo dei pro­pri mili­tanti, inten­dono met­tere a dispo­si­zione del pro­getto comune.
Bevi­lac­qua indi­vi­duava anche un con­te­nuto prio­ri­ta­rio nella que­stione gio­va­nile e del lavoro. Un con­te­nuto che mi sento di con­di­vi­dere con una pro­po­sta. Attual­mente l’intero com­parto dell’istruzione, dalla scuola pri­ma­ria pas­sando per la scuola secon­da­ria e l’università, un intero set­tore sociale e un’istituzione dello stato di diritto libe­rale è attra­ver­sato da ten­sioni e da una over­dose di pro­cessi ripe­tuti di “riforma” . E’ un caso se ogni mini­stro dell’istruzione per rea­gire alla pro­pria nul­lità nella com­pa­gine gover­na­tiva vara una riforma? Ed è un caso se ogni lea­der, una volta supe­rato un momento di crisi interna e di imma­gine nel paese, come è acca­duto per Renzi dopo le regio­nali, vara delle riforme che sono “epo­cali” solo per­ché spin­gono ancora più avanti l’applicazione del libe­ri­smo sel­vag­gio in un set­tore che dovrebbe esserne esente? Ridu­cono un diritto costi­tu­zio­nale e della moder­nità ad una pre­sta­zione da acqui­stare, tra­sfor­mano un lavoro alta­mente inno­va­tivo in una varia­bile dipen­dente dalle com­pa­ti­bi­lità economiche?
Che la sini­stra cri­tica ela­bori delle rispo­ste alter­na­tive al libe­ri­smo sel­vag­gio a que­ste domande e avrà con­tri­buito a dare una mano con­creta alle lotte del set­tore e avrà semi­nato in un corpo sociale che potrebbe diven­tare parte del suo “popolo”.

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